“Sono le conseguenza della guerra in Ucraina che distrae i servizi segreti di tutto il mondo” dicono alcune fonti dell’intelligence siriana
Più di 10 mila membri dell’organizzazione terroristica dell’ISIS sono ancora detenuti nelle prigioni della Siria, controllati dai militari di Bashar al Asad.
Gli Stati Uniti hanno chiesto a più riprese di rimpatriare i detenuti provenienti da altri paesi, assicurando loro un percorso di recupero nella società civile.
Stessa situazione anche nelle carceri curde, con ex-combattenti di Daesh che non vengono rimpatriati perché molti paesi di origine non intendono processarli e neanche tentare di inserirli nel tessuto sociale.
Nel territorio siriano sono più di 12 le carceri colme di tagliagole, collaboratori e simpatizzanti, stipati in stanze di pochi metri, ai limiti della sopravvivenza.
Il canale all news Al Arabiya ha intevistato uno di questi membri dell’ISIS, scoprendo che gli stessi detenuti si stanno organizzano tentando un blitz con l’aiuto di “forze esterne”, facendo intendere che a breve verranno liberati e reclutati da altri movimenti terroristici del Medio Oriente (e non solo), costituendo una minaccia per il resto del mondo.
Le celle dove sono detenuto gli ex-combattenti dell’ISIS sono tutte videosorvegliate ma non vengono registrati i discorsi tra le persone, dando ai carcerati la possibilità di organizzare la fuga liberamente, soprattutto ora che il resto del mondo è alle prese con altre emergenze come la guerra in Ucraina e il probabile ritorno nell’autunno del 2022 di un nuovo picco di contagi da coronavirus in tutto il mondo.
Samir Zakaria | giornalista italiano che vive a Roma
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