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Opinioni

Articolo di Mohamed El Mansour
Traduzione a cura di Ahmad Bakie

La Politica estera degli Stati Uniti in Medio Oriente dal XIX secolo

L’influente storico marocchino Mohamed El Mansour rende disponibile in questo
articolo una visione storica del ruolo degli Stati Uniti in Medio Oriente e Nord Africa.
Questo articolo fornisce un’eccellente rassegna introduttiva, a partire dal riconoscimento
della giovane repubblica americana da parte del Regno del Marocco nel XIX secolo. Il
documento è un’indagine concisa e necessariamente generale che fornisce un’utile
panoramica degli sviluppi storici attraverso scritti più di pubblicati durante l‟ultimo
decennio> Infatti, molti dei punti discussi da El Mansour sollevati in (…)

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Articolo di THOMAS FALK
Traduzione a cura di Ahmad Bakie

La domanda d’obbligo è che se Joe Biden modificherà la politica degli
Stati Uniti in Medio Oriente.

La maggiore parte degli analisti della politica estera americana affermano,
in realtà che il presidente eletto, degli Stati Uniti, probabilmente
continuerà il ritiro americano dalla regione.
L’America ha scelto Joe Biden. Mentre il risultato ufficiale è ancora in
sospeso, la maggior parte degli esperti concorda: Joe Biden diventerà il 46
° presidente degli Stati Uniti. (…)

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Articolo di Soner Cagaptay
Traduzione a cura di Ahmad Bakie

PERCHE’ L’EUROPA CONTINUA A PERDERE LA TURCHIA

L’Unione Europea ha ripetutamente sbagliato la sua politica nei confronti di Ankara, aiutando Erdogan, inavvertitamente, a consolidarsi nei punti chiave durante l’ascesa del suo movimento illiberale, creando nel frattempo diverse tensioni prevenibili su varie questioni regionali e interne.

Le recenti tensioni tra la Turchia e gli Stati membri dell’Unione europea, Grecia, Francia e Cipro, sulle riserve di gas nel Mediterraneo orientale, sollevano un’interrogazione se era possibile un diverso tipo di approccio tra la Turchia e gli europei? (…)

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Articolo di Elias khouri
Traduzione a cura di Ahmad Bakie

Trump, la caduta della vergogna

Ha iniziato la sua era come ballerino in Arabia Saudita e ha concluso il suo regno come ballerino sul palco della sua sconfitta negli ultimi giorni della sua campagna elettorale. L’incubo è sceso, così è caduto il commerciante immobiliare e l’imprenditore “il furbetto” che è riuscito a scalare la cima della piramide dell’impero, e con lui sono cadute la oscenità, la indecenza, la vergogna e la volgarità.

Il presidente, che aveva scalato la cima del potere nel suo paese, ha fatto suonare il ritmo della crisi della globalizzazione, dei tradimenti delle élite e della brutalità del neoliberismo che ha riportato il mondo nei conflitti etnici, nazionali e religiosi, quello stesso presidente è caduto ora davanti al candidato più debole della storia del Partito Democratico. Gli americani non hanno eletto Biden, ma hanno scelto di rovesciare Trump.

Donald Trump ha fondato il teatro dell’assurdo nella politica internazionale. Un uomo mente tutto il tempo e prende decisioni casuali in base al suo temperamento, e intorno a lui c’è un consigliere, fatto di cera. È suo genero, circondato da una banda di sionisti Likudiani e sopra di loro c’è il suo ambasciatore in Israele David Friedman, che, portando una pala, andò sottoterra alla ricerca del tempio di Salomone!

Una politica mescolata a miti e leggende religiose, un odio per neri, ispanici, arabi e musulmani, una brutale mascolinità nella sua oscenità e un uomo distratto all’interno di Twitter e negli attacchi alla libertà di opinione e di stampa. Ha votato per lui un gran numero di bianchi poveri, che lui disprezzava, e ha portato il suo paese al disastro dell’epidemia di Corona senza maschere, perché disprezza la scienza e non si cura della santità della vita.

Alla fine, “l’establishment” è riuscito a “sputare” Trump. L’uomo non era più tollerabile a tutti i livelli e doveva essere allontanato per non far precipitare il sistema politico americano. Donald Trump non è uscito dal nulla e non è caduto invano.

L’uomo è emerso come espressione di una crisi economica, politica e morale creata dal neoliberismo. Non ha esercitato il potere, ma lo ha cavalcato, incarnando ciò che non si può dire. L’uomo ha incarnato tutte le ambiguità del sistema capitalista, esponendo il razzismo, l’odio e il disprezzo per i poveri. Sono le costanti del desiderio del regime che cercò sempre di nascondere. Trump è arrivato in un momento di crisi postmoderna per rivelare il nascosto e vantarsene. È diventata una voce colta dal razzismo e dai lavoratori bianchi che si sono trovati nel cuore della confusione e della povertà, ed ha espresso la preoccupazione delle aree rurali che non erano accolte dal sistema e si sono ritrovate fuori dal linguaggio delle élite dominanti.

Donald Trump ha rappresentato il momento del crollo dei valori morali in una comunità politica americana che copriva i suoi crimini con un velo di diritti umani e valori democratici. Il presidente era un pubblico alleato delle dittature e degli assassini dei re del petrolio, ed era ossessionato dalla retorica degli evangelisti sionisti, così Netanyahu divenne il suo specchio attraverso il quale vede il mondo coperto di discorsi religiosi che si preparano per la mitica battaglia di Armaghedon.

La caduta di Trump è stata un’espressione della capacità dell’establishment americana di riprendersi l’iniziativa e inserire le cose nel loro contesto tradizionale. L’incubo dell’irritabilità politica è passato e gli Stati Uniti cercheranno di ritornare alle loro vecchie basi d’impero che guida il mondo, ne assorbe la ricchezza e lo domina.

Un predominio senza linguaggi da ragazzi di quartiere, un ritorno al Centrodestra rappresentato da Joe Biden. Cioè, il ritorno al linguaggio dei guanti di velluto e le capacità della diplomazia, per controllare i conflitti interni in America, in modo da non lasciare precipitare, com’è successo dopo l’omicidio di George Floyd, che la polizia ha compiuto con il fiato di un flagrante razzista.

Biden non è Bernie Sanders, l’umanista di sinistra. L’ex vice di Barack Obama era un uomo di compromessi, un centrista bravo a forgiare un linguaggio comune con l’estrema destra nel Partito Repubblicano e un amico di Israele che voleva che lo stato ebraico non rivelasse il suo razzismo nel modo in cui Netanyahu ha fatto. Il razzismo sionista continuerà, ma con i guanti che coprono la sua verità con parole sulla pace.

Sappiamo che nulla cambierà in Medio Oriente, ad esempio, e che questa regione rimarrà prigioniera dell’assoluta alleanza israelo-americana, ma nonostante ciò tutti hanno provato un po’ di gioia nell’oscurità che circondava gli eventi mediorientali.

Questa regione, i suoi governanti e la sua gente non sono mai stati umiliati con tanta maleducazione, indifferenza e disprezzo.

Possiamo dire che Donald Trump ha rivelato la verità sui regni fatti di sale, gli imperi del gas e le riserve petrolifere del Golfo Persico e ha dimostrato in quattro anni ciò che doveva essere rivelato all’interno dei nascondigli del degrado.

All’improvviso, con un ballo in Arabia Saudita, Trump ha succhiato 450 miliardi di dollari. Ha detto al re saudita: “Paga per rimanere sul tuo trono”, così il re ha pagato, umiliato con la testa abbassata, poi ha detto agli Emirati Arabi Uniti e al Regno del Bahrein che aveva bisogno di una vittoria diplomatica, per aiutarlo nelle elezioni presidenziali. Ha solo chiesto loro di rivelare la verità sulla loro abituale cooperazione con Israele. I ministri degli esteri dei due paesi si sono precipitati a Washington e hanno goduto della compagnia di Netanyahu, annunciando che i regimi che cercano di dominare il mondo arabo non sono altro che un gruppo di seguaci che hanno bisogno dell’America e di Israele per restare al potere.

Trump ha detto ai palestinesi che non esiste uno stato, ma solo enclave circondate da Israele, è vero che lo sapevamo, e sappiamo che del processo di pace non resta altro che un processo vuoto di ogni sostanza, ma la sfacciataggine e il linguaggio dell’Accordo del Secolo che adotta l’intera narrativa israeliana, non sono diminuiti e l’ambasciata americana viene trasferita a Gerusalemme. E il riconoscimento dell’annessione del Golan siriano annesso da Israele, ci ha fatto sentire insultati.

Trump se n’è andato e solo Israele e gli autocrati arabi piangeranno per le rovine della sua bolla. In Israele troviamo ciò che non possiamo trovare in nessun’altra parte del mondo. Il 70% degli israeliani sostiene Trump, secondo un sondaggio condotto dal Centro israeliano Medfim. Trump sta battendo Netanyahu e tutti i politici israeliani nel potere occupante. La maggior parte degli israeliani trova la propria immagine nella volgarità, nel razzismo e nella retorica oscena di Trump, secondo il commentatore israeliano Gideon Levy.

Israele riesce a malapena a far fronte a Biden e pagherà un prezzo pesante per l’arroganza della sua retorica politica e l’insolenza del suo primo ministro. Per quanto riguarda i regni e sceicchi del petrolio e i paesi soggetti al dispotismo militare, non c’è spazio per i sondaggi d’opinione, perché questi regimi hanno cancellato l’opinione. Tuttavia, la tristezza e l’orrore del principe della sega e il panico che si è insinuato in Israele, mentre assistevano alla caduta del profeta delle bugie in America.

Gli americani salutano Trump con le maledizioni, le espressioni di gioia e di cinismo che si merita, ma nel nostro paese afflitto da varie forme di tumulto che ci deruba, ci controlla, ci umilia e disprezza il nostro dolore, la nostra gioia presto si dissiperà.

Articolo originale https://bit.ly/3f4pSa4