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Possibili ripercussioni dell’attacco militare iraniano su Israele

Articolo scritto da Ahmad Bakie

L’escalation militare diretta tra Iran e Israele apre la strada a una nuova fase di trasformazioni politico militari nella regione Mediorientale. La scena regionale in quella parte del mondo è caratterizzata dall’incertezza circa l’entità dell’escalation, associata alle interazioni tra la parte israeliana e i suoi alleati Occidentali e la parte iraniana e i suoi alleati Regionali.

Ma nonostante la retorica che si concentra sulla risposta Iraniana e sul diritto all’autodifesa, i messaggi di fuoco vanno oltre i momenti di escalation per stabilire o mantenere nuove regole di ingaggio militare, regole che avevano sempre assicurato una superiorità qualitativa e strategica a Israele in tutto il Medio Oriente, motivo principale per attrarre sempre più potenze occidentali al fine di mantenere l’equilibrio esistente, e deviare la pressione, politica e diplomatica sulla guerra di Gaza, per ottenere il sostegno occidentale, che non è mai cessato nonostante le pressioni esercitate ad ogni livello.

In questo contesto, è necessario valutare le prospettive di escalation e le sue ripercussioni sul contesto di sicurezza regionale, esplorando i dati di base che possono essere tratti dalla risposta iraniana e dalla corrispondente escalation israeliana.

Una delle ripercussioni dirette della risposta iraniana è il tentativo di testare il polso della mossa americana verso l’escalation dello scontro con Israele attraverso tre indicatori; il primo è che un attacco complesso e intensivo esaurirebbe le capacità di difesa aerea e missilistica di Israele, che ha utilizzato gli alleati americani, britannici e francesi per respingere questi droni e missili. In secondo luogo, la superiorità qualitativa di Israele può essere superata attraverso una combinazione di tattiche militari non convenzionali, il che significa un declino della capacità di Tel Aviv di scoraggiare attivamente le minacce eserciatte da lontano.

Israele non puo’ permettersi il lusso di convivere con lo spettro di gravi minacce che non può affrontare, alla luce dell’esistenza di numerose milizie di alleate dell’Iran, e quindi Israele cerca di mantenere l’equazione della deterrenza continuando gli attacchi chirurgici contro le milizie mentre cerca di cambiare il panorama dell’esposizione israeliana a minacce simili da parte dell’Iran stesso. La più grande paura di israele e’ un collasso strategico sul fronte meridionale della Striscia di Gaza e questa stessa paura rimane il più grande catalizzatore per mantenere l’escalation con l’Iran al minimo livello lasciando che la guerra continui senza una soluzione fondamentale che risolva lo scontro a favore dell’esercito israeliano.

In seconda analisi e’ possibile affermare che Israele cerca di allargare il campo minato il piu’ possibile contro l’Iran anche atraverso la Siria che rimane l’anello piu’ debole della catena. Per l’Iran, che esercita un dominio enorme sulla Siria, diventa possibile rafforzare e sostenere le forniture di armi e missili a Hezbollah e le sue numerose bande impegnate nel commercio e il narcotraffico in tutta la regione, compresa la Giordania che può essere destabilizzata e trascinata nella fornace della guerra che sta minacciando la sua stabilità e il suo tessuto sociale. Tale minaccia è aumentata sulla scia dell’operazione “Al-Aqsa Flood” , rafforzata dal ritorno in scenea dei Fratelli Musulmani in cooperazione con Hamas all’attività di destabilizzazione con il pretesto di sostenere Gaza. Con la Giordania al centro dell’escalation in virtù della sua posizione tra il Golfo e Israele, lo spazio aereo giordano ha vissuto, in parte, l’escalation iraniano-israeliana per il passaggio di droni e missili iraniani provenienti da est, il che significa che la continua escalation potrebbe portare a ripercussioni negativ per la Giordnia.

Questi sviuppi nella regione Mediorientale hanno rafforzato il posizionamento Occidentale nel Mediterraneo e Mar Rosso: la crisi in Yemen con l’inizio degli attacchi degli Houthi alla navigazione marittima ha rivelato la vitalità del Mar Rosso nell’equazione dell’equilibrio strategico europeo e la misura in cui la sicurezza dell’Europa è legata all’asse che collega il Golfo Persico, il Mar Arabico e il Mediterraneo orientale per proteggere il commercio e trasporto delle forniture energetiche sono sviluppi parzialmente inaspettati che hanno portato all’imposizione di una nuova realtà geopolitica in cui gli Stati Uniti e le potenze occidentali controllano lo stretto di Bab alMandab, mentre Teheran rafforza la sua attività attraverso lo stretto di Hormuz, e le polarizzazioni internazionali possono spingere per aumentare gli attriti tra le navi da guerra delle potenze che controllano in questa regione.

Di fronte alla posizione relativamente debole degli Stati Uniti nel controllare il livello di escalation nella regione compresa l’esposizione israeliana al fuoco iraiano, la posizione prevalente dei paesi del Golfo rimane sostanzialmente neutrale data la continua mancanza di fiducia nella parte iraniana e nelle sue Guardie rivoluzionarie.

L’attacco iraniano rappresenta, quindi, l’apice dell’escalation con Israele sulla scia della guerra di Gaza, ma le sue ripercussioni si estenderanno a molte vicende nella regione attraverso le quali Teheran cerca di imporre la sua presenza come parte chiave nella soluzione oppure di minare le equazioni esistenti in Siria, Iraq, Libano, Yemen e persino Palestina, e forse Giordania nei prossimi giorni. Alla luce dello scenario attuale, la regione sta entrando in una nuova fase di escalation degli scontri nei paesi arabi anche alla luce dele conseguenze umanitarie negative della guerra di Gaza.

Ahmad BAKIE | scrittore siriano che vive in Italia