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Temuto in patria, attaccato dalla stampa e amato dai leader mondiali

di Samir Zakaria | Il giovane erede al trono saudita Mohammad Ben Salmàn è riuscito in pochi mesi a ribaltare decenni di equilibrio interno della famiglia regnante Al Saud, storicamente molto attenta all’immagine percepita all’estero, ma non attenta all’opinione pubblica locale. Le sue continue sfide e cambiamenti hanno lasciato molte incertezze sulle reali possibilità che ha di consegnare risultati duraturi nel tempo, e sull’equilibrio politico che sarà in grado ottenere sopratutto a livello internazionale.

E’ proprio questo l’ultimo dilemma che riguarda la vita politica del giovane rampollo, che si è trovato costretto a rimandare una visita molto importante e già programmata per questo mese in Gran Bretagna, temendo una reazione negativa della stampa inglese che lo ha indicato senza mezzi termini come carnefice e ideatore della guerra sanguinosa nello Yemen. Una dura presa di posizione contro la sua visita è arrivata anche da 17 membri della Camera bassa del parlamento inglese, che hanno firmato un documento chiedendone l’annullamento.

l’Erede al trono saudita Mohammad ben Salmàn a Riyadh (Saudi Press Agency via AP)


Le manifestazioni di protesta per le strade di Londra erano diverse, sostenuto da attivisti per i diritti umani usando anche grandi cartelloni pubblicitari montati su furgoni in giro per la città, che hanno costretto gli organizzatori a spostare la visita al prossimo 7 marzo, sperando in un cambio di rotta dell’opinione pubblica.

Oltre ad aver iniziato una guerra feroce nello Yemen, Mohammad Ben Salmàn è anche il mandante di altre azioni clamorose, come l’arresto per corruzione di una settantina di personaggi pubblici tra principi e imprenditori, e l’embargo nei confronti dello Stato del Qatar. Azioni che hanno suscitato non pochi dubbi nella comunità internazionale, al punto che il canale BBC TWO ha prodotto e trasmesso pochi giorni fa un documentario apocalittico sul futuro della famiglia regnante saudita intitolato “House of Saud, a family at war“, ovvero Casa Saud, una famiglia in guerra.

La scritta sul furgone : la Gran Bretagna non deve dare il benvenuto a un criminale di guerra

Immagine pubblicata su Al Jazeera a gennaio 2018


Il Washington post, in un editoriale di inizio 2018, ha definito l’Arabia Saudita come “una grande prigione per chi osa criticare”, mentre Salil Shatty, noto giornalista di Newsweek sosteneva in un articolo dello scorso dicembre che l’occidente non si deve far ingannare dalle promesse di Mohamed Ben Salman.

Molti leader mondiali, a partire da Donald Trump, lo vedono come un riformatore senza scrupoli, che non teme le prese di posizione in netto contrasto con le rigide leggi locali, a partire dalla possibile apertura dei rapporti con Israele, fino alla possibile nascita di un futuro Stato Palestinese, ma con la capitale a Ramallah, tema condiviso in parte anche dall’Egitto di Al Sisi.

Le voci che arrivano dal paese, però, sono ambigue. I giornalisti del canale all news saudita Al Arabiya elogiano in continuazioni le riforme interne, dalla possibilità di guidare e praticare lo sport per le donne ai tentativi di concedere aiuti umanitari per la popolazione yemenita, dalla visione futuristica e imprenditoriale del 2030 fino agli ultimi arresti per corruzione. Una realtà quotidiana che dovrebbe avere anche un riscontro obiettivo e criticoproveniente proprio dall’interno del paese, ma per il momento non c’è traccia.

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